Oggigiorno il concetto di giardino è per tutti un’idea molto familiare, ma ci siamo mai chiesti
come e dove nasce l’idea di riprodurre il mondo naturale in uno spazio circoscritto?
Può sembrare un’assurdità, ma migliaia di anni fa l’uomo è riuscito in questa impresa in uno
dei luoghi più impervi del pianeta: il deserto.
L’esigenza di ricreare un ambiente confortevole, là dove la natura appare più dura, ha portato
la civiltà Egizia a compiere il piccolo miracolo della vegetazione nel deserto, guidati da
un’antica sapienza qui tradotta in opere di ingegneria idraulica, alte conoscenze botaniche e
rigore geometrico nella composizione planimetrica.
Il periodo storico in cui il giardino ha raggiunto il maggior splendore è stato durante il Regno
Nuovo, periodo che coincide con la massima espansione dell’Egitto nell’Asia anteriore. Il
Regno Nuovo descrive un percorso che va dai grandi sfarzi della XVIII dinastia alla decadenza
della casta politica e culturale, finendo con le aggressioni dei “popoli del mare” (1200 a. C.)
Per comprendere veramente il reale significato degli elementi del giardino egizio, dobbiamo
fare lo sforzo di cambiare il punto di vista e comprendere come questa civiltà fosse fortemente
direzionata verso una visione del mondo altamente spirituale.
Le profonde conoscenze matematiche, geometriche ed astrologiche permeavano la vita quotidiana ed ogni opera era finalizzata al cambiamento interiore in vista del trapasso, come ci testimoniano molti papiri rinvenuti nelle piramidi. Se partiamo da questo presupposto non sarà difficile comprendere le ragioni della nascita dell’idea di giardino, guidata dalla necessità di dominare la natura caotica del mondo e dell’uomo, attraverso questo esercizio di dominio sui quattro elementi tramite il gesto della delimitazione dello spazio. Un gesto che pone le sue radici nella ritualistica della costruzione e che si esprime trasformando uno spazio circoscritto in un luogo sacro, come un
tempio a cielo aperto, dove vigono le regole della proporzione, della composizione geometrica
e dell’armonia cromatica. Con tale caratteristica di “sacralità”, esso costituisce la premessa
dell’Hortus Conclusus medievale e, con la netta separazione tra la regola interna ed il caos
esterno, anticipa quello che sarà uno dei caratteri principali del Giardino del Rinascimento.
GIARDINI DI CARATTERE MEDITERRANEO
Del tutto particolare è uno dei primissimi esempi di giardino egizio, un piccolo prototipo, noto
come Casa delle Bambole rinvenuto nella camera mortuaria di Mekere, cancelliere di
Monthuotpe II (2000. a. C.). In questo modello di casa, il giardino ha un ruolo preponderante,
mentre l’edificio è ridotto ad un semplice portico. Si tratta di un giardino ad impianto
simmetrico , costituito da una grande vasca centrale circondata da Sicomori (Ficus sycomorus)
e protetto da alte mura perimetrali.
Successivamente nella tomba di Imeni, architetto di Tuthmosis (1510 a.C.), troviamo la
rappresentazione di un grande giardino, anch’esso caratterizzato da un muro di cinta
perimetrale, delle abitazioni circondate da alberi d’alto fusto e una grande vasca attorniata da
filari di palme. L’aspetto più interessante di questo ritrovamento è l’inventario delle specie
utilizzate che ci lascia lo stesso architetto, testimonianza di una profonda conoscenza botanica
ed estetica. La varietà di specie di cui ci parla Imeni è straordinaria, passiamo da piante dal
fogliame di valore ornamentale come i palmizi (Phoenix dactylifera, Hyphaene thebaica), ad
altre dal sapore più sobrio come le tamerici (Tamarix Africana), specie di carattere utilitario come fichi (Ficus Carica) melograni (Punica Granatum) sicomori (Ficus sycomorus) e datteri,
poi ancora specie acquatiche come i fiori di loto (Nelumbo) ed i papiri (Cyperus papyrus L.),
per finire con una specie considerata sacra come Mimusops schimperi, lontano parente
dell’avocado. Esiste poi un antico poema che ci parla dell’olivo e di come fosse arrivato in
Egitto come dono d’amore, importato dalla Siria, e l’incenso, originario del Punt.
Celebri riecheggiano nei secoli le opere di Akhenaton, tra cui il giardino fatto costruire nella
sua nuova capitale, Amarna: un parco tagliato da un viale che, partendo dal palazzo del
faraone, conduceva fino al punto d'approdo della nave reale sul Nilo. Spesso citati anche i
giardini che circondavano il tempio di Aton, dio del sole, dove, seguendo il solito impianto,
alte mura di cinta racchiudevano una grande vasca, due piccole ed edifici con corti interne
alberate circondati da palme, viti e melograni.
Di Ramses III si dice che fece ristrutturare o creare ex novo numerosi giardini, dispose la
sostituzione di piante e il risanamento di canali abbandonati, indispensabili per irrigare la
vegetazione. A Tebe, fece piantare alberi e aiuole di fiori, se necessario importandoli
dall’estero.
ACQUA, OMBRA E SIMBOLI
Non di minore importanza sono le partiture rigorose e la geometria del disegno, fattore che
non meraviglia date le rinomate conoscenze della civiltà egizia nella matematica, nella
geometria e nell’astrologia. Come l’intera produzione artistica dell’Antico Egitto, così anche il
giardino è caratterizzato dall’ordine della Geometria, dalla forza del Numero e dall’orientamento dell’Astronomia.
Il rigore geometrico, il calcolo matematico e l’attenzione alla composizione sono applicati agli edifici di culto e civili così come ai giardini, dove invisibili principi matematici armonizzano ed ordinano, sia dal punto di vista fisico che metafisico, tutte le parti del giardino.
Acqua ed ombra sono due elementi fondamentali nel giardino egiziano, necessari per quanto riguarda il clima caldo ed assolato. In particolar modo l’acqua è un fattore di grande rilievo, sia da un punto di vista simbolico che ingegneristico. Ai fiori ed alle piante veniva garantito il fabbisogno idrico tramite un sistema meccanico di raccolta delle acque detto “Shaduf”, capace di raccogliere fino a 3000 litri di acqua al giorno, metodo ancora in uso nelle campagne egizie.
Simbolicamente, la vasca d’acqua che sempre era presente nell’impianto del giardino, era
considerata come uno strumento di purificazione, così come i fiori di loto simbolo del risveglio
dell’anima alla luce divina o la palma, immagine di vittoria, ascesa, rinascita ed immortalità. Il
Sicomoro era l’albero consacrato alla dea Hathor, detta anche la "Signora del sicomoro”,
ritenuto sacro e considerato come simbolo di immortalità, di vittoria sulla morte, di rinascita
dalla distruzione. Il suo legno era usato per la fabbricazione dei sarcofagi ed era inoltre
considerato un sacro albero cosmico, assimilato alla fenice.
Nel celebre “Libro egiziano dei Morti" il sicomoro era ritenuto l"albero che stava fuori dalla porta del Cielo, da cui ogni giorno sorge il dio sole Ra. In un papiro si legge di un Sicomoro che il giorno della “Festa dei Giardini” inviava così il suo messaggio ad una fanciulla:
Il piccolo sicomoro - che essa ha piantato con le sue mani - muove le labbra per parlare. - Come sono belli i suoi rami! - Esso è carico di frutti - che sono più rossi del diaspro. - La sua ombra è fresca. - Esso pone una letterina nelle mani della fanciulla - la figlia del capo giardiniere - e le chiede di affrettarsi dal suo amato: - Vieni e stai tra le tue ancelle. - Saremo ebbri quando ti raggiungeremo, - sì, prima ancora di aver bevuto niente. - I servi che ti obbediscono - stanno venendo con i loro recipienti; - portano birra di ogni tipo - ed ogni tipo di pane - molti fiori di oggi e di ieri - e tutti i frutti dissetanti. - Vieni e rendi felice questo giorno, - domani e ancora il giorno dopo, per tre giorni… - siedi nella mia ombra;. - Il suo innamorato siede alla sua destra. - Essa lo inebria - e cede alle sue richieste… - Ma io sono muto - e non dirò quello che ho visto. - Non dirò una parola...
Comments